Il cameriere dell’informazione

Il cameriere dell'informazione

Approfondimenti

Il cameriere dell’informazione? Questa professionalità mancava  proprio….
Una parte del lavoro dei professionisti di Aryanna è essenzialmente quello di organizzare le informazioni.
Esattamente come fanno gli architetti che devono organizzare gli spazi.
Uno dei migliori Information Architect italiani, con il quale collaboriamo da molto tempo, è Stefano Bussolon, Professore di Interazione Persona Macchina presso l’Università di Trento. Abbiamo il piacere di presentare sul blog ufficiale di Aryanna un suo testo proprio sul tema dell’Information Architecture. L’dea del cameriere dell’informazione a noi è piaciuta moltissimo. Ironico e disruptive allo stesso tempo. E ne raccomandiamo la lettura.

 In fondo al post i link necessari ad approfondire.

Un grazie di cuore a Stefano per averci permesso la ripubblicazione.

Il cameriere dell'informazione

di Stefano Bussolon

Finalmente l’ho capito. Io non sono un architetto dell’informazione. Io sono un cameriere dell’informazione. E ti spiego il perché.

Architetto sarà lei

Quello dell’architetto dell’informazione è un lavoro che mi piace molto. Mi piace l’idea di aiutare gli utenti a prendere delle decisioni in base a delle informazioni. Mi piace fare ricerca, concettualizzare, categorizzare, rappresentare.

La cosa che mi piace meno, dell’architettura dell’informazione, è il nome. Perché io non sono un architetto, non mi sento un architetto, e non ho la sensazione di fare architettura. Non nego che la metafora dell’architettura sia – o sia stata – feconda. Sono consapevole che firmitas, utilitas, venustas siano il fondamento della user experience. Ma forse, abbiamo bisogno anche di altre metafore.

Devo però ammettere che ho sempre fatto fatica a trovare un nome – alternativo ad architettura dell’informazione – che mi piacesse. Ho provato ad immaginare qualcosa come psicologia della conoscenza, però confesso che lo trovo molto poco soddisfacente.

Il cameriere lo sa

Poi, un giorno, l’illuminazione. Sarà che da adolescente ho fatto la scuola alberghiera. Sarà che ho vissuto 40 anni nell’alberghetto dei miei. Insomma, un giorno ho capito. Io non sono un architetto dell’informazione. Io sono un cameriere dell’informazione. E la cosa mi piace, perché un buon cameriere dell’informazione ha capito parecchie cose.

Un buon cameriere dell'informazione sa che il suo stipendio lo paga il gestore, ma il suo compito è quello di soddisfare i bisogni e le richieste dei clienti.

Un buon cameriere, dopo anni di esperienza, può arrivare ad intuire cosa vogliono i clienti, prima ancora che aprano bocca. E al gestore piacerebbe molto, indovinare cosa mangiano i clienti prima ancora che questi mettano piede in ristorante. Ma cameriere e gestore sanno che non sarebbe una buona idea, quella di portare direttamente il piatto senza chiedere prima se era quello che volevano. Perché il rischio è che il cliente quella cosa non la mangi, non la paghi, e non rimetta più piede nel ristorante.

Uno ottimo sa che ai clienti piace poter scegliere fra un ricco menu. Ma sa anche che troppe possibilità di scelta possono mettere il cliente in difficoltà. Oddio, cosa prendo? Il tagliere di salumi? Le pappardelle al sugo d’anitra? Il cameriere sa che un menu ben strutturato non solo aiuta il cliente a scegliere, ma lo porterà ad essere più soddisfatto della sua scelta.

e poi c'è quello eccellente

Quello eccellente sa che c’è il cliente che ha già chiaro in mente che piatto vuole: “sono venuto apposta per mangiare i vostri strangolapreti al burro fuso”. Quello che sa di cosa ha voglia, ma non ha ancora deciso cosa prendere: “con la tagliata vorrei un rosso, magari Piemontese. Cos’avete in cantina?” E quello che non ha la più pallida idea di cosa aspettarsi: “Vorrei mangiare qualcosa di tipico della regione.” Il cameriere esperto sa che queste tre tipologie di clienti hanno bisogni decisionali diversi. Il primo non ha nemmeno bisogno di consultare il menu, il secondo ha bisogno di un menu ben strutturato, e di un cameriere capace di accompagnarlo ad una scelta che massimizzi le sue richieste. Il terzo ha bisogno di essere guidato, ad esempio proponendo un menu degustazione.

Sa che non è improbabile che il cliente tedesco voglia pasteggiare sorseggiando un cappuccino. E che se una coppia ha ordinato una birra ed una coca, è più probabile che la birra sia per lui, la coca per lei. Ma se da queste cose per scontate, il rischio di gaffe è decisamente alto.

Il cameriere sa che alcune attitudini dei clienti possono essere condizionate da fattori demografici.

Il cameriere sa che clienti diversi possono avere bisogni sostanzialmente diversi. C’è quello che s’è fermato a mangiare qualcosa solo per evitare di saltare il pranzo: ha fretta, deve tornare di corsa al lavoro (o rimettersi subito in viaggio), ha solo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. C’è quello che ha un’oretta di pausa pranzo, vuole mangiare qualcosa di buono, leggero, magari sano, e rilassarsi assieme ai colleghi. C’è quello che ha fatto mezz’ora di strada per venire da voi, e si aspetta un pranzo – o una cena – speciali. E c’è la coppia che vuole fare una cenetta romantica, e ha scelto la vostra saletta, quella più tranquilla e appartata.

Quattro esempi per quattro clienti.

Il primo cliente vuole un prodotto, vuole calorie e proteine. Il secondo cliente vuole un prodotto e un servizio: un cameriere che non sbaglia gli ordini, che non è troppo lento, e che risulti abbastanza simpatico, e un tavolo comodo in una sala non troppo rumorosa sono non meno importanti di quello che mangia.

Il terzo e il quarto cliente cercano un’esperienza. Il cameriere sa che il suo servizio, i suoi piatti, il suo vino, i suoi dessert possono fare molto, per l’esperienza del terzo cliente. E sa anche che l’esperienza della coppia dipende solo in parte da lui. Anzi, lui può contribuire a renderla piacevole se contesto, cibo e servizio fanno da sfondo a quello che ai due interessa davvero.

 

non esistono solo persone diverse. ma momenti diversi per le stesse persone.

Il cameriere sa che questi quattro personaggi possono essere, di fatto, la stessa persona in quattro momenti, quattro giorni diversi. Lo stesso cliente una volta ha bisogno di addentare un panino, un’altra volta di pranzare con calma, un’altra di degustare una cena speciale, e un’altra ancora di passare una splendida serata con la morosa.

Sa che, per il terzo cliente, il modo in cui il piatto viene presentato, il contesto, l’atmosfera, sono forse più importanti di quello che mangia. Ma sa anche che se il pesce non è fresco, e se gli ingredienti non sono di buona qualità, il cuoco li può impiattare meravigliosamente, ma l’esperienza sarà comunque deludente. Insomma, in cucina, dietro le quinte, dietro l’aspetto, ci vuole qualcuno che abbia gli ingredienti, che conosca la ricetta, e possibilmente si diverta a cucinare.

Il cameriere sa dunque che il prodotto, il servizio, l'esperienza, hanno un'importanza relativamente diversa in questi differenti contesti.

Il cameriere, un buon cameriere dell’informazione, sa parecchie cose. Soprattutto sa di non sapere. Sa che, nel suo lavoro, l’ascolto del cliente è forse l’aspetto più importante, e in fondo la parte divertente.

E adesso dovete scusarmi, perché devo portare due filetti al pepe e un card sorting al sangue al tavolo 12, e poi devo sparecchiare il tavolo da sei, e togliere le briciole di pane.

Il testo originale è disponibile sul blog del Prof Bussolon. Per leggerlo bisogna fare clic qui: www.bussolon.it 

Stefano Bussolon è Psicologo, Dottore di Ricerca in Scienze Cognitive, Consulente UX

Professore di Interazione Persona Macchina presso l’Università di Trento.

Ha collaborato con numerose aziende e agenzie, fra cui GPI, SEAC, Assicurazioni Generali, Credito Valtellinese, Banca CARIGE, Ministero della Giustizia, Trenitalia, Università di Trento, Usertestlab e Finance Reply.

 

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